Homeschooling

Tutto quello che avreste voluto sapere sulla scuola a casa 
attraverso le cinque domande classiche dei suoi detrattori o di chi semplicemente non sa che cos'è.

"Ma è legale ?"

Non tutti sanno cos'è l'homeschooling, école à la maison o scuola paterna che dir si voglia. Io stessa, quando ho iniziato ad interessarmene nel 2005 fa ne avevo solo qualche idea vaga .
Come prima cosa va detto che è legale in molti paesi del Mondo e comunque sia in Italia che in Francia. Ciò che è obbligatorio è l'istruzione, non la scolarizzazione,...
con modalità e testi di legge che variano da Paese a Paese.

Qualsiasi genitore può scegliere di occuparsi dell'istruzione di proprio figlio purché ciò non vada contro la salute mentale dello stesso. A seconda dei paesi, vi sono infatti dei controlli sociali e/o didattici e degli esami da sostenere ogni anno o solo nel momento in cui il bambino rientra in un istituto scolastico tradizionale, ma si può fare HS fino alla maturità, sostenendo poi l'esame di stato da privatista.
Negli Stati Uniti il fenomeno è diffusissimo: più di 2 bambini su 100 fanno HS.
In Francia, le famiglie che fanno Ief (instruction en famille) sono 40.000.
In Italia pochissimi sanno che la scuola paterna è legale, e il numero di chi la pratica è irrisorio.

"Perché non li mandate a scuola come tutti gli altri bambini?"

Le motivazioni per cui facciamo Homeschooling sono sostanzialmente tre.
La prima è pratica: avendo scelto di andare a vivere così lontani dalle nostre famiglie d'origine così presto, parte integrante del progetto era fin dall'inizio una grande libertà di movimento che ci consentisse di poter tornare in Italia spesso, per vedere comunque i nonni con una certa regolarità, ma anche dall'oggi al domani, per essere loro vicini in caso di bisogno. Inoltre la chambre d'hôte (versione francese del bed&breakfast) richiede la nostra presenza a casa soprattutto nei periodi di vacanze canoniche e quindi scolastiche e ci lascia più liberi di muoverci nei periodi di "bassa stagione", che abbiamo del resto sempre prediletto.

La seconda motivazione è culturale: ci piacerebbe che i nostri figli non perdano la loro lingua madre e che non diventino dei piccoli francesini dimentichi del loro essere italiani. Quando sarà il momento vorremo insegnare loro anche la storia, la geografia, la letteratura italiane e non solo quelle francesi, come giustamente prevede il programma ministeriale in Francia. Cosa non facile se tuo figlio va a scuola dalle 8 e mezza alle 4 e mezza. "Scusa, caro ora ti insegno che cosa è il Molise... oggi volevo parlarti di un certo Leopardi..." Non credo proprio!

La terza motivazione è ideologica. Crediamo che finché l'istruzione va di pari passo con la formazione della personalità, se un genitore o meglio due, hanno tempo e voglia di occuparsene, è tutto di guadagnato. In Francia il sistema scolastico è particolarmente inquadrante, omologante: gli obiettivi che i bambini, fin da subito, devono raggiungere sono molto rigidi. Un solo esempio: se a Natale del secondo anno di asilo, cioè a 4 anni,  una bambina non sa scrivere il suo nome, che si chiami Anna o Ermenegilda, i genitori vengono convocati e avvisati che la piccola sarà seguita personalmente da un insegnante finché non imparerà a farlo. Piccolo dettaglio, questo sostegno avviene ovviamente durante le ore di gioco libero in cortile. Noi crediamo che ogni bambino abbia diritto di imparare a suo ritmo e secondo le proprie inclinazioni. I detrattori di questo modo di pensare che sta alla base, tra le altre cose, della scelta dell'HS diranno che "la vita è dura e il mondo è una giungla" e noi dovremmo gradualmente irrobustire i nostri figli per abituarli alla sofferenza in modo che non siano scioccati quando si avventureranno là fuori, nel mondo "brutto e cattivo".

Noi pensiamo invece che avranno tutto il tempo per rendersi conto che nel mondo le cose non funzionano esattamente come a casa e non crediamo che scoprirlo presto possa attrezzarli meglio per affrontare il futuro. O forse sì, in apparenza, ma a quali costi? Ci auguriamo invece che crescere nel modo che la natura ha previsto per loro, - e si sa che il cucciolo d'uomo è tra i  mammiferi quello che raggiunge più tardi la sua naurale autonomia - fornisca loro una solidità emotiva tale da affrontare in maniera sana un'eventuale discrepanza "dolorosa" tra questi due mondi.
Se chiedi a un cuoco giapponese come si bollisce una rana viva, ti dirà che è inutile buttarla nell'acqua bollente, salterà fuori. La cosa migliore è metterla nell'acqua fredda e alzare il fuoco poco a poco. La rana si "adatterà" piano piano e tu riuscirai a cuocerla. Si tratta di capire ciò che si vuole: un figlio adattato che accetti il mondo anche qualora ciò significhi finire "lesso", o un figlio "disadattato" la cui sensibilità intatta gli dia la possibilità di saltare fuori dalla pentola, se lo vorrà? E' una storiella estrema portata volutamente e provocatoriamente a conseguenze estreme, ma trovo che sia un ottimo spunto di riflessione. Come dice il fantastico Scott Noelle, che ha ispirato molto il nostro modo di essere genitori, "I'm not a frog bolier".



"E la socializzazione?"

In generale bisogna crearsela, non la si trova già preconfezionata dal sistema scolastico, richiede un po' di fatica e "sbattimento" in più ma è una socializzazione più varia, più trasversale, più inter-generazioneale, che abbraccia più fasce d'età, più luoghi, più situazioni e che non confina i bambini al mondo dei bambini. Ma siamo anche consapevoli di quanto sia importante per i bambini stare in mezzo ai loro coetanei, se possibile nel quotidiano. Per questo sono andata dal sindaco e gli ho chiesto se Blu potesse frequentare il doposcuola della scuola del paese, un servizio ai cittadini gestito dal comune. Ci ha pensato forse 10 secondi, e da persona intelligente quale è, mi ha risposto: "Non riesco a trovare neanche un motivo per dirle di no. Blu è scolarizzata diversamente, ma non per questo non ha diritto di partecipare al doposcuola". Inoltre ha capito molto bene che la nostra scelta non era una scelta snob, che l'intento non era isolarla dagli altri, e che anzi ci tenevamo a partecipare alla vita della comunità. Quindi, ogni pomeriggio Blu e Lupo passano due ore in mezzo agli altri bambini, in gruppo, con altri adulti di riferimento, con altre regole da rispettare,  etc. 
E questo per noi è molto importante e riduce notevolmente l'effetto collaterale di certe scelte "ideologicamente" sacrosante ma che poi rischiano di ripercuotersi sui figli a causa dell'effetto "marziano". Già il nostro essere stranieri rende meno alternativa la nostra scelta, il fatto che poi le facciamo frequentare gli altri bambini alla scuola del paese, dimostra che intendiamo vivere nel mondo, non fuori da esso, e questo, soprattutto per il modo in cui vengono accolti i bambini dai loro coetanei, è molto importante.

"Ma fino a quando?"

Pur rimanendo aperti a quelli che saranno i desideri dei due giovani diretti interessati, nella nostra idea ha senso farlo fino alle medie comprese. A nostro modo di sentire, al liceo la dimensione della classe diventa davvero fondamentale. Ma non possiamo nascondere lo choc che abbiamo avuto nel chiacchierare mesi fa con una 17enne che ci ha dipinto il liceo francese come un luogo duro, molto competitivo, molto selettivo, a scuola dalle 8 alle 18 due giorni a settimana, altri due giorni fino alle 16, mercoledì e sabato fino all'una, senza contare i compiti a casa... E purtroppo, sentendo altre campane, abbiamo solo avuto conferme di questo fatto. Ma anche solo gli orari, la dicono lunga. Quindi se per caso Blu (e poi Lupo)  deciderà di continuare con lo Cned (vedi sotto "La scelta del metodo") fino alla maturità, potrà farlo perché avrà già dimestichezza con un metodo che se per elementari e le medie si basa sulla presenza di un genitore, durante liceo è studiato proprio per rendere il ragazzo autonomo come un ragazzo che va a scuola. Ecco il terzo vantaggio dello Cned: renderà la vita più semplice a Blu e Lupo sia nel caso in cui vogliano rientrare a scuola che nel caso in cui vogliano continuare a studiare a casa.
E veniamo all'ultima obiezione che ci viene fatta spesso: c'è gente che studia anni per diventare insegnante...

"Con che presunzione ritenete di poter fare voi gli insegnanti dei vostri figli?"

Noi crediamo che chi studia per diventare insegnate impara ad insegnare ad un gruppo più o meno eterogeneo di alunni, cosa di cui saremmo assolutamente incapaci. Pensiamo invece che la trasmissione del sapere da una generazione all'altra, soprattutto se si limita al livello di elementari e medie, sia la cosa più naturale di questo mondo e sia  alla portata di qualsiasi genitore volenteroso dotato di una cultura media.

La scelta del metodo

La nostra idea iniziale era molto romantica: l’homeschooling inteso come la vita, l’esperienza, la natura che insegna, senza nessuno schema, lasciandoci ispirare da quello che “veniva verso di noi” nel quotidiano. Col tempo siamo giunti a un compromesso. Il vero grosso problema che abbiamo avuto da quando siamo venuti a vivere qui, al di là delle difficoltà burocratiche iniziali che, una volta risolte, si dimenticano presto, è stata la gestione del tempo, la divisione dei compiti tra me e Ale. Quando dopo due anni e mezzo e numerosi tentativi di stesura di un planning che riducesse al minimo i conflitti, abbiamo dovuto affrontare concretamente la questione école à la maison ci siamo detti: già così ci contendiamo i quartid'ora come fossero oro, adesso con la scuola di Blu quel po' di tempo per sé che ognuno dei due è riuscito a ritagliarsi grazie alla maggiore autonomia raggiunta da Lupo, andrà a farsi benedire. Di qui la scelta dello  Cned (Centre National Education à Distance): saremo noi ad occuparci della loro istruzione, quindi filtrando eventuali contenuti o metodi in cui non ci riconosciamo, senza rinunciare a farci ispirare da quello che ci capita, coi nostri tempi e nei nostri luoghi, ma seguendo il programma ministeriale e usando del materiale "già pronto". Da questo punto di vista lo Cned era l'ideale. 
Si tratta di un'istituzione francese  creata nel 1939, aperta a tutti a pagamenteo e riconosciuta come diritto e quindi gratuita per i bambini che vivono in zone remote, per i bambini che fanno sport a livello agonistico, per le famiglie itineranti e per i bambini malati. Del tutto inaspettatatamente lo Stato francese ce lo finanzia perché ha riconosciuto alla nostra famiglia – tramite valutazione dell’Ispezione Accademica - la motivazione della semi-itineranza. 
Per noi lo Cned, pur togliendo un po' di poesia al tutto, presentava due vantaggi fontamentali.
Il tempo che si deve dedicare alla preparazione delle lezioni è praticamente nullo perché oltre a manuali veri e propri, supporti online per fare gli esercizi, professore dedicato che corregge delle valutazioni - scritte su supporto cartaceo e orali in mp3 -  eseguite e inviate circa una volta al mese, lo Cned fornisce ai genitori una guida in cui viene spiegato giorno per giorno per ogni materia cosa devono fare e addirittura dire. Il tempo dell'école a la maison si limita quindi alle lezioni vere e proprie, circa tre ore a giorno, divise tra mattina e pomeriggio. Io faccio francese, educazione civica, proto-storia e geografia, musica, Ale fa matematica, scienze e arte. 
Il secondo vantaggio dello cned consiste nel fatto di fornire a Blu lo stesso tipo di preparazione che hanno gli altri bambini per il giorno in cui (se e quando deciderà di farlo) entrerà in una scuola vera propria. A differenza di quanto si pensa, la difficoltà maggiore che incontrano i bambini che fanno HS quando cominciano a frequentare una scuola vera e propria, non è ritrovarsi in una classe, bensì comprendere il linguaggio dell’apprendimento scolastico, il modo in cui vengono spiegate le cose e formulate le domande. 
Contrariamente a ogni previsione, attorno alla serissima per quanto piacevole incombenza della scuola di Blu,  il planning si è naturalmente "equilibrato" e molti dei conflitti tra me e Ale invece di acuirsi si sono magicamente dissolti. Strana la vita, eh?